Poi scopriamo che non è così. Dormono di più, ma "fanno i capricci" di giorno. Non vanno cambiati, ma "non ascoltano". Non si ammalano più in continuazione, ma non vogliono fare i compiti.
Ma allora non si finisce mai?
Sarò impopolare, ma si, non si finisce mai.
Nel confronto quotidiano con i genitori alla fine si arriva spesso a questa domanda.
E anche quando le cose vanno meglio, anche quando la quotidianità funziona abbastanza bene, senza grandi difficoltà, il commento frequente è "ma che fatica!".
E' vero. La fatica è costante, continua e ineliminabile. Fa parte del fatto di essere genitori. Cambia, ma non finisce.
Finiscono le notti insonni, i pannolini da cambiare e le pappe da preparare. A un certo punto riproviamo il piacere di una doccia senza orario o di un film la sera sul divano. Poi non li accompagniamo più a scuola e finiscono le corse e le urla la mattina. Un giorno cominciano a restare a casa da soli e se c'è sciopero a scuola possiamo non chiamare i nonni o la baby sitter o assentarci dal lavoro. Tutto questo finisce. Per fortuna crescono.
Ma la fatica non finisce.
Perché essere genitori significa essere presenti. Ed essere presenti è molto faticoso. Una presenza che cambia. E anche capire come cambia è faticoso. Perché non è immediato né istintivo.
Nei primissimi anni appunto è una presenza innanzitutto fisica: non si può non esserci, innanzitutto col corpo, e, di conseguenza, è grande anche la stanchezza fisica. Poi man mano che le necessità di accudimento diminuiscono, sempre più la presenza necessaria è emotiva, di attenzione, di vicinanza, di ascolto. Non più una stanchezza fisica, non più una presenza assidua col corpo (che anzi deve progressivamente diminuire, per lasciare loro spazi di autonomia ed esplorazione), ma con la testa e le emozioni.
Ecco allora la fatica di dare regole e limiti e farli rispettare (fatica enorme), la fatica di lasciarli esplorare la vita senza farsi sopraffare dalla paura, la fatica di rimanere sempre in ascolto, la fatica di reggere agli strappi e alle prese di distanza dell'adolescenza.
Non possiamo mai distrarci, mai sederci pensando che siamo arrivati in fondo alla strada,. perché è proprio allora che ci richiamano in qualche modo, presentandoci qualche bel problema per dirci "ehi ma ci sei?".
Certo, come ho scritto più volte, godiamoci i bei momenti, voltiamoci spesso indietro a guardare la strada fatta, accarezziamo con sguardo fiero i nostri figli e divertiamoci il più possibile con loro. Ma la fatica resta.
Si educa sempre, in ogni momento della giornata, facendo qualunque cosa e a qualunque età. Finché non saranno adulti e, si spera, al centro della propria vita. Perché si educa con la relazione e la relazione con un figlio non finisce. Si trasforma ma non finisce.
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