"Educare i figli è un'impresa creativa, un'arte più che una scienza"
Bettelheim

14 maggio 2018

LA PIAZZA

Siamo affaticati, siamo sovraccarichi, siamo pieni di dubbi, domande, rovelli. Farò bene? Sarà giusto? Dove sbaglio? E' colpa mia? Ma solo mio figlio fa così?
In genere rivolgiamo queste domande a noi stessi. A volte  - spesso, vi auguro - al compagno o alla compagna. A volte - spesso, vi auguro -all'amica o all'amico. Poi osserviamo gli altri genitori e gli altri bambini alla ricerca di conferme o smentite. Leggiamo libri. Consultiamo siti. Spesso troviamo risposte controverse. E i dubbi tornano.

C'è tuttavia una risorsa potente per tirarci fuori da questo genere di impasse. Il gruppo.

Il gruppo è quello spazio in cui possiamo incontrare altri genitori e confrontarci, in genere in modo guidato. Un'esperienza diversa dalla chiacchiera al parco o all'uscita da scuola. Uno scambio, in un contesto in cui non si viene giudicati e in cui si può essere ascoltati e ascoltare a propria volta. Allora accadono cose molto importanti. Non ci si sente soli. Non ci si sente più inadeguati. Perché si scopre che i nostri dubbi e le nostre difficoltà sono quelle degli altri. Si trovano soluzioni. Perché si scopre come altri hanno affrontato il problema prima di noi. E non ce lo dice un libro o un sedicente esperto, ma un altro genitore. Si scopre anche di poter essere  una risorsa: la nostra esperienza, le nostre considerazioni diventano di aiuto agli altri. Si riescono a vedere le cose anche da altri punti di vista e questo di per sé ci mette in condizioni di cambiare. Ci si sente più capaci. Si creano legami intensi, che a volte proseguono oltre gli incontri e possono diventare occasione anche di aiuto reciproco in momenti complicati della vita quotidiana.

E allora perché è così difficile formare gruppi? I genitori preferiscono di gran lunga la consulenza individuale  (o di coppia) riguardo ad un problema specifico - fra l'altro con un costo e un impegno molto maggiori -piuttosto che partecipare a un gruppo. Perché?

Si avanzano problemi organizzativi - tempi, orari, costi - sicuramente esistenti, ma non sufficienti.
Credo piuttosto che ci sia una certa difficoltà alla condivisione. In un gruppo - per quanto educativo e non psicoterapeutico - ci si mette a nudo. Si mettono in gioco emozioni, dubbi, difficoltà, fragilità. Non siamo (più) abituati. Tendiamo a percorrere ognuno la propria strada, senza incrociare le altre. Senza soffermarci. Giorno dopo giorno, cercando di arrivare sani e salvi a fine giornata. Poi passerà. Domani andrà meglio. Fino a che non arriviamo ad avere per le mani il problema. Con una evidenza che non possiamo più ignorare. Qualunque esso sia: comportamento, scuola, sonno, regole, cibo, ecc. Di fronte al problema ci arrendiamo -spesso questa è la percezione. Non possiamo più non chiedere aiuto.  Dobbiamo ricorrere allo specialista: psicologo, neuropsichiatra, pediatra. Purché sia uno specialista in grado di risolvere quello che oramai è diventato il problema. Se ci fossimo fermati prima forse avrebbe potuto non diventarlo.

Questo procedere solitario, ognuno per la propria strada, finché questa non diventa davvero troppo stretta, non ci aiuta. Stiamo perdendo la cultura dell'incontro, dello scambio, del confronto. Forse l'abbiamo già persa. Anche in tanti altri contesti. E' probabilmente una caratteristica del contesto attuale.

Lasciamo invece che le nostre strade si incontrino in una piazza, non quella virtuale dei social e dei siti internet, ma quella reale del gruppo. Lì, in questa piazza simbolica, ognuno può portare il proprio cammino e conoscere quello altrui. Lasciata la piazza ognuno riprende la propria via, leggermente diversa proprio per le scoperte fatte nella piazza. E si procede meno soli fino al prossimo incontro.

Ringrazio con ammirazione i genitori che quest'anno hanno accettato di incontrarsi nelle piazze che ho messo loro a disposizione. Li ringrazio per la generosità e il calore con  cui hanno condiviso i loro cammini.

Invito tutti a venire in piazza e a crearne altre. Tante. Abbiamo bisogno di piazze. Non solo di strade parallele

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