Perché i bambini menano i genitori?
A quanto pare succede più spesso di quanto si creda. Molti genitori mi raccontano che quando i figli sono arrabbiati, quando ricevono qualche no, alzano le mani sui genitori. Calci, schiaffi, pugni.
Mi riferisco a bambini di età scolare, dai 3 anni in su.
Prima di allora esprimere la rabbia fisicamente, cioè dando schiaffi o graffiando, è piuttosto naturale. I bambini di quest'età parlano col corpo e tutte le emozioni - quindi anche la rabbia - vengono espresse in modo fisico, sia fra coetanei che con gli adulti. Non abbiamo a che fare con bambini violenti, che da grandi diventeranno dei bulli, ma semplicemente con bambini piccoli.
Man mano che il linguaggio si sviluppa, si crea la possibilità di dire le cose, e le emozioni - quindi anche la rabbia - possono essere espresse verbalmente e non più fisicamente. E' un processo che avviene in modo spontaneo, col procedere dell'evoluzione del bambino, ma ha bisogno di essere sostenuto dall'atteggiamento dei genitori. E' importante fermare il gesto del bambino, e sostituirlo con la parola: "vedo che sei arrabbiato, ma non si danno gli schiaffi". Questo non comporterà che il gesto non si ripeterà più, perché, come dicevo, richiede un processo fisiologico di maturazione. Ma gradualmente il genitore pone dei limiti e mostra delle alternative (la parola) che piano piano verranno acquisiti dal bambino, ciascuno con i propri tempi.
Ma perché anche accade anche dopo? Con bambini più grandi, anche delle scuole elementari.
Probabilmente il percorso appena descritto non si è svolto, o non del tutto. Non sono stati dati dei limiti chiari e non è stata proposta un'alternativa efficace tramite il linguaggio.
Ma, in ogni caso, io trasformerei la domanda: perché un genitore si fa menare dal figlio? Cosa spinge un genitore ad accettare di essere preso a calci da un figlio di 7 anni, per esempio? Me lo raccontano spesso. E quando io chiedo "e tu cosa fai?", in genere la risposta è: "aspetto che passi perché non posso menarlo a mia volta".
Perché non fermarlo? Perché ci sentiamo così deboli e fragili che non ci viene istintivo fermare un figlio che ci mena? A quell'età possiamo ancora fermarlo fisicamente, dopo sarà impossibile e soccomberemo irrimediabilmente. Semplicemente fermarlo. Non essere violenti. La scelta non è fra usare entrambi la violenza o subire. Né aiuta dare, dopo, delle punizioni "perché ti sei comportato male". Sono inutili. Alla prossima occasione di rabbia e frustrazione il fatto si ripeterà, semplicemente perché non è stato appreso il limite, né un altra modalità, e dunque l'azione fisica è ancora il modo più istintivo di reagire ad una delle emozioni più primitive come la rabbia. E se non si verifica questo apprendimento rischia di verificarsi anche da ragazzi e da adulti.
Possiamo fermare un bambino che ci mena. Dobbiamo fermarlo. E' nostra precisa responsabilità di genitori fermarlo. E' un compito educativo imprescindibile. Al primo accenno di calci o pugni o altro, semplicemente fermarlo, con assoluta determinazione ma anche senza nessuna aggressività. E fermandolo affermare "questo non si può fare", guardandolo dritto negli occhi. Poi è necessario capire che cosa ha generato tanta aggressività e affrontare, con parole, quel problema, riconoscendo e nominando la rabbia. Non occorre farlo una sola volta, ma sempre, ogniqualvolta si verifichi un episodio del genere . Finché il limite inviolabile del corpo altrui verrà acquisito.
Come spiegare ai nostri figli che non si mena se noi stessi accettiamo di essere menati? Che il corpo altrui è un confine invalicabile se noi consentiamo loro di violare il nostro?
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