"Educare i figli è un'impresa creativa, un'arte più che una scienza"
Bettelheim

5 febbraio 2018

COMPORTATI DA GRANDE

"Comportati da grande!". Oppure "Sei grande ormai!".
Quante volte usiamo frasi come queste in relazione al rapporto fra fratelli e sorelle? Molto spesso quando c'è una lite, una situazione difficile da gestire o in generale qualcosa che non va ci appelliamo a quello che secondo noi dovrebbe essere il "senso di responsabilità" del figlio o della figlia maggiore per il fatto stesso di essere più grande. Indipendentemente dall'età assoluta. E' solo una questione relativa. Per il fatto stesso di essere più grande - non grande - gli chiediamo di cedere nelle liti, di condividere giochi, spazi, affetti senza "capricci"; gli chiediamo di occuparsi  entro certi limiti del più piccolo (o della più piccola) e se questo non accade a volte commentiamo "da te non me l'aspettavo". Questa modalità è molto naturale per noi genitori, ci viene spontaneo fare assegnamento sul più grande dei due (o più!),  raccogliere - in qualche senso - il frutto del lavoro già svolto e sopravvivere alle mille insidie quotidiane del rapporto fra fratelli e sorelle.

Tuttavia, queste nostre aspettative rischiano di affaticare il maggiore dei due e deresponsabilizzare il minore.

Da un lato, a lungo andare, si rischia di squilibrare, almeno in parte, il rapporto fra i figli, rendendo il grande - e più spesso la grande per questioni di stereotipi genere ahimè - dei vice-genitori. Salvo poi chiedergli di fare i figli quando il loro intervento non va nella direzione che immaginavamo. Il rapporto fra i figli non è più paritario ma gerarchico. Il grande ha la responsabilità di essere "bravo", il più piccolo può essere più libero.Ciò finisce con l'innescare un insieme di aspettative, risentimenti, gelosie, fatica, che alla lunga rendono il rapporto fra loro molto più conflittuale di quanto non sia di per sé e la gestione della famiglia molto più complessa. Ciò che doveva essere un aiuto rischia di ritorcersi contro di noi.

Dall'altro, la questione dell'autonomia: perché nelle controversie si chiede maturità al maggiore ma poi  molto spesso questa maturità non viene riconosciuta come un diritto e un privilegio per fare "cose da grande"? Cerco di spiegarmi: specie quando la differenza di età è poca, il grande per noi è tale solo quando per esempio deve cedere il suo gioco al piccolo, ma se si tratta di fare qualcosa di bello da grande (per es. fare delle commissioni, rimanere da solo a casa, usare uno smartphone, ecc.) spesso glielo neghiamo - anche se adeguato in linea di principio alla sua età - per timore che il piccolo si ingelosisca e se ne lamenti. E non sapendo come affrontare il sicuro conflitto tendiamo a eludere esperienze pur importanti per la sua età. Così si sentirà doppiamente defraudato:  è grande per tollerare, non per essere autonomo. Tutto è a vantaggio del piccolo. Questa sarà la sua percezione. E non mancherà di rinfacciarcela accusandoci di avercela sempre con lui o con lei, anche se questo non è - statisticamente - vero.

Se si è più grandi si è più grandi sempre. Per prestare un gioco e per fare una cosa in autonomia. Se si è più piccoli, si è più piccoli sempre. Per ottenere il gioco e per guardare l'altro fare ciò che ancora non ci è permesso. Un po' di frustrazione e di responsabilità per tutti. Da pari a pari. 

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