"Educare i figli è un'impresa creativa, un'arte più che una scienza"
Bettelheim

10 settembre 2018

GENITORI E INSEGNANTI DEPONIAMO LE ARMI


Ci siamo. Entro pochi giorni la scuola sarà ricominciata per tutti. Per alcuni è una buona notizia: basta con il tetris per sistemare i figli mentre si è al lavoro, o all'impossibilità di lavorare perché nessun altro può occuparsene.
Per altri forse è meno buona: si ricomincia con le sveglie faticose, il traffico, le corse, le lamentele, i compiti. E le difficoltà organizzative ed educative - a volte - della scuola. Chi ha affrontato con fatica lo scorso anno scolastico forse teme di trovarsi nuovamente in salita.
Il fatto è che in molti casi si è rotta un'alleanza essenziale. Quella fra genitori e insegnanti. In ogni ordine di scuola.
E' sempre più frequente che le insegnanti si lamentino dei genitori. Ritenendoli responsabili dei comportamenti problematici dei figli a scuola, distratti e incapaci di dare regole. La fatica che affrontano quotidianamente in classe - affermano - è il frutto di bambini indisciplinati, agitati, arrabbiati.  Figli di genitori assenti, frettolosi, incapaci di dire no e di gestire i figli. Sempre più spesso chiedono ai genitori di rivolgersi agli specialisti per una valutazione, un sostegno o entrambi.
Allo stesso modo i genitori si lamentano delle insegnanti. Ritenendole responsabili del malessere del figlio a scuola, della sua ritrosia ad andarci, della sua agitazione quando esce, dei difficili dei suoi scarsi risultati. Spesso mi raccontano di essere in ansia nell'andare a riprendere i figli per i rimproveri che sicuramente riceveranno come genitori di quel bambino che sicuramente si sarà comportato male.
D'altronde le insegnanti si sentono sotto scacco, passibili di denunce e controllate a vista.
Tutto questo non fa bene a nessuno. Ma soprattutto non fa bene ai bambini e alle bambine.
Ha l'aria di essere una guerra di potere. Una partita per verificare chi è più bravo ad educare, chi è più responsabile delle difficoltà. Sembra di assistere ai litigi delle coppie che si accusano a vicenda, ma non affrontano il problema.
Così perdiamo completamente di vista i bambini e le bambine. Che restano schiacciati da questa competizione. Non riusciamo a vedere i loro bisogni né le loro risorse. Risultano solo un problema. Per l'uno, per l'altro o per entrambi. Problema da affrontare ricorrendo necessariamente allo specialista di turno. Come può sentirsi un bambino che si ritrova infilato in questo meccanismo? Strattonato da una parte o dall'altra per dar ragione all'uno o all'altro? E come può sentirsi un'insegnante che tutte le mattine entra in classe e si trova di fronte situazioni molto faticose e si sente giudicato dai genitori? Come può sentirsi un genitore che ogni giorno è accusato di non saper fare l'educatore del proprio figlio?
Genitori e insegnanti in realtà hanno lo stesso obiettivo: la crescita il più possibile equilibrata e armoniosa del bambino. Perché essere l'uno contro l'altro armati? Così non riusciamo più ad ascoltare il bambino, accusiamo, ci difendiamo, critichiamo e ci giustifichiamo - tutti e tutte - ma non sappiamo più capire di cosa ha bisogno proprio quel bambino o bambina. Un tempo diverso? Un attività diversa? Un'attenzione diversa? Da parte di entrambi, genitori e insegnanti. Ci scrutiamo negli occhi alla ricerca della pagliuzza nell'altro e non abbassiamo più lo sguardo verso lui o lei. Ed ecco che lui o lei ci strattonano, si dimenano, urlano a modo loro perché non hanno altro modo per dirci di cosa hanno bisogno.
Sediamoci attorno allo stesso tavolo con calma - lo so la calma spesso non c'è, ma va trovata - e parliamo insieme di lui o lei. Ognuno dal proprio punto di vista. Per il proprio ruolo educativo. Sono entrambi indispensabili. Cosa accade a casa? Cosa accade a scuola? Con sincerità e onestà. Cosa posso fare io? E non cosa può fare l'altro...
E' incredibile, ma posso assicurare per esperienza, che questo stesso atto apparentemente semplice, di parlare insieme di lui o lei, cambia le cose. Radicalmente e spesso definitivamente. Perché "finalmente" - sente il bambino - "mi vedono e si occupano di me per come serve a me."

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